Friday, September 28, 2018

Nouakchott

L'ufficio di Marco Pannella non era più un ufficio. Al terzo piano di via di Torre Argentina a Roma, Pannella occupava la "saletta", un luogo che in passato aveva ospitato fumosissime e tesissime riunioni su tutto lo scibile umano utile e inutile, ma che da qualche anno era divenuta una via di mezzo tra un magazzino di libri e carte - Pannella si faceva stampare le agenzie almeno quattro volte al giorno insieme alle email e a schermate di dibattiti su forum online - una sala di controllo dove radio e TV erano sempre accese, spesso a volume elevati, e un fumoir.

Il tempo pareva seguire i ritmi di Pannella e non viceversa, chiunque era benvenuto, anche perché la porta era sempre aperta, si sapeva quando si entrava ma non quando si usciva.

Col tempo, a occhio e croce 50 anni, negli uffici di Pannella sono entrate migliaia di persone con proposte, richieste, offerte, regali e tante altre cose che magari con la politica c'entrano meno. Pannella era probabilmente l'unico leader di partito, o parlamentare, sinceramente "open" come si deve dire oggi.

Fino a quando la malattia non lo costrinse a letto, era totalmente accessibile a qualsiasi ora del giorno e della notte, non c'erano filtri di segreterie o "cerchi magici" - ti annunciavi e ti potevi accomodare. Tra i tantissimi a cui fu prestato orecchio nell’estate del 2010 ci fu Ivana Dama, una ragazza di Napoli sposata con un mauritano che raccontò a Pannella che nel suo paese esisteva ancora la schiavitù e che chi lottava perché questa venisse abolita era un nonviolento che si chiamava Biram.


[continua]



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