Thursday, January 10, 2019

Operazione Kok Ksor

Molto prima dei pericolosi "elementi contro-rivoluzionari" Pannella e Perduca, per Hanoi il nemico pubblico numero uno, rappresentante della peggiore "reazione”, si chiamava Kok Ksor. Oggi cittadino statunitense e presidente della Montagnard Foundation incorporata negli Stati Uniti, Kok Ksor è l'erede di Y Bham Enuol, il fondatore del FULRO, il Front Uni de Lutte des Races Opprimées.

Kok Ksor mi era stato “raccomandato” nell'aprile del 2000 da Penelope Faulkner mentre ero alla 56esima Commissione diritti umani di Ginevra, l'anno in cui la Russia chiese l'espulsione del Partito Radicale dalle Nazioni Unite. Penelope è una inglese che ha imparato talmente bene il vietnamita da comporre liriche con il nom del plume di Y Lan e che dagli anni Settanta è la più stretta e fidata collaboratrice di Vo Van Ai, il portavoce della Chiesa buddista unificata del Vietnam.

Vo Van Ai e Marco Pannella si conoscevano dalle marce nonviolente di Parigi degli anni Sessanta, quando i giovani monaci buddisti facevano il giro delle capitali occidentali durante la prima guerra indocinese per avvertire pacifisti di destra e sinistra che né il nord comunista né il sud capitalista e autoritario avrebbero rappresentato un futuro migliore per il Vietnam indipendente. La nonviolenza dei bonzi vietnamiti era diversa da quella gandhiana. Non di rado, in Europa, giovani monaci si auto-immolavano in luoghi pubblici per richiamare l'attenzione su ciò che accadeva nel loro paese. La lettura dei monaci buddisti e quella radicale del contesto indocinese erano simili, le reazioni però differivano alla radice. Quella dei bonzi era una disperazione simile a quella che oggi caratterizza alcuni tibetani, i Radicali ritenevano invece che occorresse far conoscere la "terza via" della non-violenza e del dialogo per scongiurare la guerra ed evitare ciò che che sarebbe seguito - e che in effetti seguì.

L’anno dopo il nostro veloce incontro a Ginevra nel 2000, Kok Ksor si iscrisse per la prima volta al Partito Radicale e, per diversi anni, lo seguirono anche centinaia di Montagnard sparsi nelle Caroline del nord e del sud degli USA. Da allora, e fino a quando si son tenute, Kok Ksor ha sempre partecipato alle riunioni del Partito Radicale.

La 58esima sessione della Commissione diritti umani dell'ONU dell’aprile del 2002 si teneva a una settimana dal 38esimo Congresso del Partito Radicale che simbolicamente era stato convocato proprio a Ginevra per marcare la sua ormai crescente caratterizzazione onusiana. Quel congresso era stato organizzato a sette anni dall'ultimo e quanto successe in quei quattro giorni e notti, così come nei sette mesi che lo separarono dalla seconda sessione a Tirana,  meriterebbe un libro per conto suo. Oltre ad affrontare le complesse problematiche di ritorno alla legalità statutaria del Partito e le "solite" guerre intestine, quel Congresso vide una straordinaria partecipazione di ospiti e iscritti transnazionali.

Tra i quasi mille registrati c'erano sicuramente anche "spie", "agenti provocatori" e altrettanto sicuramente "emissari" di quei paesi che nel 2000, alleati della Federazione russa, erano stati sonoramente sconfitti nel voto con cui il Consiglio Economico, Sociale e Culturale (ECOSOC) aveva rigettato la richiesta di Mosca di espellere il Partito dalle Nazioni unite. La qualità e i temi affrontati nel dibattito generale o in commissione, oltre che naturalmente la mozione finale adottata in chiusura, non fecero altro che confermare le caratteristiche politiche di un'organizzazione non-governativa dedita a denunciare senza sconti le violazioni dei diritti umani in decine di Stati Membri dell'ONU. Siccome le violazioni sono spesso frutto di precise scelte dei governi, le denunce del Partito Radicale erano di carattere politico e ritenute alla stregua di attacchi in violazione delle risoluzioni che consentono l’affiliazione delle ONG con l’ECOSOC.

La mozione generale del 38esimo Congresso, tra le varie cose, indicava come prioritarie le iniziative volte a:

- individuare le modalità di realizzazione, a partire delle esperienze compiute per la situazione in Afghanistan, in Cecenia e in Italia, un satyagraha lungo un anno, per promuovere un processo politico che facesse dell'instaurazione della democrazia e del regime delle libertà una priorità della comunità internazionale;

- fare delle lotte per la libertà della Cecenia, dell’Uighuristan e del Tibet obiettivo politico prioritario, non solo al fine di tutelare la concreta possibilità di salvezza umana e civile di popoli e individui minacciati da campagne di odio, persecuzione e genocidio, ma anche per riproporre il tema, assolutamente decisivo per gli scenari geopolitici internazionali, della democratizzazione e liberazione civile degli "imperi" russo e cinese;

- promuovere, anche in risposta alla minaccia del terrorismo, una "offensiva democratica" per l'ingresso di Israele nell’Unione europea e per l'instaurazione della democrazia in Tunisia;

- rilanciare la campagna per la riforma delle convenzioni internazionali in materia di droga, sulla base degli studi prodotti nell'ultimo decennio dal Cora-Coordinamento Radicale antiproibizionista e dalla LIA, Lega Internazionale Antiproibizionista, collaborando altresì con quanti, nei cosiddetti "paesi produttori", individuano nella legalizzazione delle droghe la condizione essenziale per la rinascita civile ed economica;

- individuare tutte le iniziative opportune affinché vengano precisati al più presto obiettivi concreti sul tema dell’Organizzazione mondiale della democrazia, a partire dalla proposte emerse dal dibattito congressuale, per la "Communities of Democracies", per l’istituzione di una Corte Mondiale dei Diritti Umani o di una Corte Costituzionale Internazionale;

- elaborare le basi di una campagna per l'integrazione dei paesi balcanici e caucasici nell’Unione europea e per la "esportazione" del sistema democratico nel continente asiatico, valorizzando il contributo non riconosciuto della democrazia indiana e contrastando l'avanzante diffusione del "modello cinese".

In caso di un altro “passo falso” alla Commissione Diritti umani, la dimostrazione che il Partito Radicale non solo era un partito politico ma era anche dedito a lanciare attacchi motivati contro Pechino, Mosca, Tunisi e magari pure Bogotà e Lima, sarebbe stata agevole attraverso l’uso di quel documento - molto di più rispetto a quanto non avesse fatto la Federazione russa nell’estate del 2000.

Le munizioni per la rivincita degli stati autoritari membri dell’ECOSOC sembravano esser pronte per esser utilizzate.